martedì 17 settembre 2013

LA GIOVINEZZA

Il Buddismo affronta la realtà delle “quattro sofferenze” di nascita, invecchiamento, malattia e morte ma, come commenta il presidente della Soka Gakkai Internazionale Daisaku Ikeda, «È importante ricordare che invecchiare e andare avanti negli anni non significano necessariamente la stessa cosa...Ci sono sicuramente molte persone che, col passare degli anni, diventano più vigorose ed energiche, più aperte e tolleranti, e vivono con maggiore sicurezza e libertà». Queste persone rimangono giovani, sviluppando e mantenendo la speranza, l’entusiasmo, l’ottimismo e la lungimiranza, dimostrando di non aver perso lo smalto col passare degli anni. Invece, purtroppo, ci sono persone persino più giovani che hanno già perso la speranza e sembrano invecchiate prima del tempo. Forse, suggerisce Ikeda, per essere veramente giovani è necessario ripartire e rideterminare con freschezza, ogni volta, fino all’ultimo istante di vita. Nel Sutra del Loto troviamo l'insegnamento necessario per sperimentare quest’espansione, o “estensione”, della nostra vita: impegnarsi per il benessere e la felicità degli altri. Il Sutra del Loto è assolutamente unico fra le scritture buddiste, assicura a chi lo mette in pratica che potrà trovare vita e giovinezza eterne e che la felicità si trova affrontando e superando le prove e le sfide della vita reale, non in un qualche paradiso dopo la morte. Sviluppando e approfondendo la compassione per gli altri, è possibile ottenere uno stato vitale interiore che tocca l’eternità e sembra trascendere la morte. Shakyamuni descrive le caratteristiche della sua illuminazione come uno stato eterno e durevole di costante vitalità e ringiovanimento: il suo desiderio è che tutti possano sperimentare una condizione vitale così elevata. La questione allora è: come possiamo ottenere lo stesso stato vitale eternamente giovane e vitale? Il Sutra del Loto offre il modello del Bodhisattva Mai Sprezzante che, con il suo atteggiamento di rispetto, cercava di risvegliare le persone che incontrava alla loro innata natura di Budda, anche se veniva schernito e vilipeso per quest'azione. Attraverso tale comportamento egli ottenne la condizione illuminata del Budda. La stessa condizione possiamo raggiungerla impegnandoci personalmente e compiendo azioni per la felicità degli altri e nostra. Nichiren Daishonin, che nel 13° secolo fondò il suo insegnamento buddista basato sul Sutra del Loto – oggi praticato dai membri della SGI – riteneva che il desiderio di contribuire alla propria felicità e a quella degli altri fosse un desiderio fondamentale che tutti condividiamo a un livello più profondo: desiderio che i nostri problemi e preoccupazioni non ci permettono di percepire. Quando ci impegniamo con tutto il cuore per “ricordare” o riportare alla coscienza questo voto o desiderio profondo e ci sforziamo di dare il nostro contributo, possiamo far sgorgare dalla nostra vita risorse prima sconosciute: coraggio, saggezza e compassione, in altre parole la Buddità. Ciò non significa che la nostra vita fisica si debba necessariamente allungare, vuol dire che quando ci risvegliamo e ci sintonizziamo su questa profonda compassione, la qualità della nostra vita si innalza così tanto che in un singolo istante può scaturire un’immensa gioia e siamo pervasi da energia e vitalità infinite. Grazie a questo risveglio, le persone che prima erano schiacciate dal peso della sofferenza possono cominciare a vivere in una prospettiva di autodeterminazione, con compassione e creatività. È questo, e non il semplice e spesso passivo passare dei giorni o degli anni, ciò che il Buddismo intende per uno stato vitale in cui si può godere di eterna giovinezza. (dalla rivista SGI Quarterly ottobre 2009)

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