martedì 10 settembre 2013

TU DI CHE MONDO SEI?

La filosofia buddista pone quindi particolare attenzione allo stato vitale in cui si trova una persona. Nella convinzione, supportata dall'esperienza, che ogni individuo abbia la possibilità di decidere dei propri comportamenti, e quindi della propria vita, in maniera autonoma dagli eventi. Non senza sforzo, però. Perché pur avendo la possibilità di sperimentare continuamente tutti i dieci mondi, ognuno di noi ha una tendenza karmica dominante che lo lega a una condizione vitale in maniera più frequente delle altre. Si può per esempio ipotizzare che per Pablo Picasso, fondatore insieme a Braque del cubismo, il mondo dominante fosse la Realizzazione, che come già detto è lo stato vitale degli artisti e delle intuizioni creative. Al contrario il medico nazista Joseph Mengele, mettendo la sua conoscenza al servizio della selezione della specie umana, gettò una luce spettrale nel mondo di Apprendimento nel quale era sicuramente immerso. A livello visivo, la tendenza karmica ci obbliga a oscillare solo in orizzontale all'interno della nostra tendenza di base. È come se, tornando al palazzo di prima, si passasse tutta una vita all'interno di un solo piano. Per tendenza karmica s'intende la predisposizione di ognuno a rispondere a un determinato stimolo in modo quasi automatico. Nel caso di un'attrice alle prese con un fan stalker, per esempio, lo squillo notturno del telefono farà scattare in lei la paura. Mentre lo stesso trillo per un medico ostetrico potrebbe opporre al moto di pigrizia per doversi alzare nel cuore della notte la soddisfazione di compiere un lavoro tanto importante. Nel primo caso l'attrice non fa che accentuare la tendenza karmica a rimanere nel mondo di Animalità, mentre nel secondo il medico contrasta il mondo di Umanità per orientarsi sempre più verso quello di Bodhisattva. A questo punto si potrebbe obiettare che gli stati vitali cambiano in relazione agli stimoli esterni, come nel caso di una multa sul tergicristallo o in conseguenza di un attestato di stima da parte dei colleghi. Giusto, ma anche la nostra risposta agli stimoli esterni dipende dal nostro karma. Nell'articolo "Le regole del gioco" (NR, 198) Greg Martin, vicedirettore della SGI americana, scrive: «La maggior parte delle persone pensa che le cose negative che accadono siano frutto del proprio karma, come se questo esistesse fuori dalle loro vite, ma ciò non è corretto. Le situazioni spiacevoli accadono a chiunque. Allora cos'è questo karma? Si tratta della propria incapacità di gestire gli eventi. Si ignora come comportarsi in situazioni che portano sofferenza e si finisce col fare la cosa peggiore, creando ulteriori occasioni di malessere». Si finisce con il fare sempre gli stessi errori. In ogni caso sapere qual è lo stato vitale (o errore) più frequente della propria vita, sembrerà strano, non è poi così importante. Come Scrive Daisaku Ikeda in "Il mondo del Gosho": «Il vero significato di percepire i dieci mondi dentro la propria mente consiste nel manifestare il mondo di Buddità che esiste nella propria vita. Pur essendo dotati di tutti i dieci mondi, in realtà in ogni momento particolare siamo in grado di osservare solo quello che si manifesta in quell'istante. Il punto è come manifestare le condizioni vitali più alte, cioè i mondi nobili di Apprendimento, Realizzazione, Bodhisattva e Buddità, che non sono immediatamente accessibili. E il mondo di Buddità è il più difficile da manifestare». Per costruire la tendenza karmica alla Buddità bisogna compiere azioni che stimolino la manifestazione di questo stato vitale. Col passare degli anni, recitando regolarmente Daimoku e Gongyo, la nostra tendenza sarà quella di vivere nel mondo di Buddità. Inoltre è importante che alla preghiera buddista si affianchi un comportamento buddista. Un Budda si prodiga per il benessere degli altri, sostiene la vita delle altre persone, crea attorno a sé un ambiente armonioso, tratta gli altri con assoluto rispetto, mosso dalla consapevolezza che ogni sua azione nasce dal desiderio di farli felici. Tratto da "Buddismo e Società" N. 160

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